Luogo:
Diga San Giuliano | Lato Ponte Diga area materana

Descrizione:

Diga e Oasi di San Giuliano
Luogo di meditazione

Aspetti architettonici
Nell’immediato dopoguerra, sotto la spinta degli aiuti economici del Piano Marshall, a Ovest di Matera, fu realizzata la diga in calcestruzzo armato di San Giuliano con un’altezza di 44 metri ed una lunghezza di 314,64 metri, sbarrando le acque del fiume Bradano nel punto detto “la Stretta di San Giuliano” al fine di utilizzarne le acque per esigenze agricole e produttive. I lavori cominciarono il 23 luglio del 1950 in occasione della famosa visita di Alcide De Gasperi a Matera che, tra l’altro, ebbe anche il tempo di posare la prima pietra dell’invaso, e terminarono nell’estate del 1955. Tante furono le difficoltà incontrate in corso d’opera quali ad esempio la presenza, nel luogo individuato per lo sbarramento, di strati di calcare in stato di disgregazione fisica e di frantumazione, tale da non poter sopportare il peso dell’opera e la spinta delle acque del lago che resero necessario un lavoro di consolidamento della roccia mediante iniezioni di calcestruzzo e cemento.
Fu così realizzato un invaso artificiale ad uso irriguo per lo sviluppo agricolo della zona e del Metapontino, un’opera ingegneristica che col tempo, qualche decennio dopo, ha permesso la creazione di un’oasi naturalistica di grande rilevanza nonché una importante zona umida della regione, tutelata dalla Convenzione Internazionale di Ramsar quale ambiente primario per la vita degli uccelli acquatici.
Furono destinate ad essere sommerse le masserie San Francesco, Lauria e Ferri, i locali di proprietà del Comune di Matera in prossimità dello sbarramento e l’antico Ponte di San Giuliano, che oggi giacciono come ruderi sotto il livello delle acque. Le acque del fiume che si raccolgono nell’invaso occupano una superficie di circa 8 Km quadrati, il volume del corpo idrico, invece, è calcolato intorno ai 100 milioni di metri cubi. Nel corso delle stagioni l’invaso presenta una diversa disponibilità idrica.

Aspetti geologici
L’area dell’Oasi è situata lungo il fiume Bradano all’interno del vecchio bacino marino della Fossa bradanica. Quest’area è caratterizzata dalla presenza predominante di argille, rocce tenere ad alta erodibilità, che conferiscono al paesaggio una morfologia dolce e collinare. In estrema contiguità si situa l’alto morfologico di Matera-Laterza, costituito da rocce calcaree molto resistenti agli agenti erosivi, determinando un paesaggio più aspro. Le argille che connotano i poggi circostanti il lago sono dette “subappenniniche” e risalgono al pleistocene. Sono stratificate sulle calcareniti e possono essere coperte, a seconda delle zone, da sedimenti più recenti. Il loro colore è cangiante in funzione degli strati e del grado di imbibizione e si presenta a volte bianco-giallastro, altre volte vira al grigio-azzurrino. Nell’Oasi il rapporto fra le argille e la calcarenite è facilmente visibile. Infatti lungo le sponde del lago, in prossimità dello sbarramento, risulta chiaro come le argille poggino sulla calcarenite. Questo rapporto, come anche quello fra calcareniti e calcari, viene conservato anche in profondità e quindi anche al di sotto di quelle aree dove sono visibili in affioramento solo le argille.

Aspetti naturalistici
Sulla spinta della sezione regionale del WWF, nel 1976 la Regione Basilicata deliberò la costituzione dell’Oasi di San Giuliano, che ricade nel territorio di quattro comuni: Matera, Miglionico e Grottole, divenendo la più grande riserva naturalistica della provincia grazie ai suoi 2574 ettari.
La sua rilevanza è testimoniata dalla circostanza che sia un Sito di Interesse Comunitario (SIC IT9220144), una Zona a Protezione Speciale (ZPS IT9220144) per l’avifauna, un sito di Rete Natura 2000, e che sia inserita fra le Zone umide italiane della lista di RAMSAR per la fauna acquatica.

Aspetti floristici
Con la realizzazione dell’invaso tanta parte della vegetazione boschiva è scomparsa sostituita da una vegetazione arborea artificiale in cui domina l’eucalipto rostrato (Eucalyptus camaldulensis), messo a
dimora dopo la creazione dell’invaso per contenere l’interrimento dell’intera area. Allo stesso scopo furono impiantate alcune specie resinifere quali diverse varietà di cipressi e pini, soprattutto pino d’Aleppo. Pure presenti sono l’olmo comune, il pero mandolino, il prugnolo selvatico, la robinia e lo spinacristi. Tra le poche querce che pure si osservano nell’area, oltre al leccio, vi è la rara quercia a foglie ampie (Quercus amplifolia), specie ancora controversa dal punto di vista sistematico.
Tra le specie di macchia presenti sono da ricordare il lentisco, l’alaterno, la fillirea, il biancospino, il ginepro ossicedro, la ginestra odorosa, l’olivastro, la dafne gnidio, la rosa canina, il cisto rosso e quello di Montpellier. Tra le specie erbacee un posto di rilievo è occupato dallo sparto steppico (Lygeum spartum) che riveste i pendii aridi argillosi, con presenza anche di asfodelo mediterraneo e di scilla marittima. Una nota cromatica suggestiva è offerta dalla fioritura, nei prati aridi intorno allo specchio d’acqua, della sulla comune e di quella annuale con le loro tonalità rosso-porpora e rosa intenso.
Nei prati intorno al lago in primavera si possono osservare le fioriture di alcune orchidee appartenenti ai generi Orchis, Ophrys, Serapias, Barlia e Anacamptis.
Caratteristica è la presenza della splendida clematide di Rigo (Clematis rigoi), una specie endemica rarissima rinvenuta recentemente che caratterizza alcuni tratti della fascia perimetrale del lago. Pure recentemente, nei prati aridi intorno al lago, è stata rinvenuta una specie di nuova segnalazione per la flora della Basilicata costituita dalla poligala comune (Polygala vulgaris). Lungo la gravina a valle dello sbarramento si rinvengono le stazioni più occidentali della rara campanula pugliese (Campanula versicolor) specie il cui areale è centrato sulla penisola balcanica.
Negli ambienti palustri notevole è la presenza delle tife, del giunco pungente, dei carici e della lisca marittima. Nella zona dove il fiume Bradano si immette nell’invaso sono presenti il pioppo bianco, il pioppo nero, il salice bianco, l’olmo e le tamerici a costituire estese boscaglie. Le rive sono occupate da fitti canneti di cannuccia di palude (Phragmites australis) che formano delle impenetrabili barriere, rifugio per molti uccelli, e di canna comune (Arundo donax).
L’oasi di San Giuliano rappresenta un’area di grande valore naturalistico non solo per la ricca avifauna ma anche per la flora e per alcuni preziosismi floristici rari ed interessanti.

Aspetti faunistici
Numerose sono le specie faunistiche presenti all’interno dell’Oasi. Fra le specie ittiche si annoverano l’alborella, il pesce gatto, la carpa comune, la carpa a specchio, l’anguilla e le specie introdotte come il persico trota. Tra le specie alloctone vi è anche il cosiddetto gambero rosso della Louisiana che ha soppiantato la specie autoctona. Si segnalano in particolare la lontra, che negli anni scorsi aveva subito una drammatica riduzione nel territorio italiano, il gatto selvatico, l’istrice, il tasso, la volpe, il cinghiale e il lupo. Tra i rettili è di particolare interesse la testuggine palustre europea ormai quasi del tutto soppiantata dalla Trachemys scripta di origine americana. Sono infine presenti tutte le specie di anfibi più comuni della Basilicata tra esse di particolare importanza è contemplato il rospo smeraldino. Fra i chirotteri si segnala il vespertilio di Capaccini, una specie in pericolo di estinzione. Di straordinario interesse è la presenza di avifauna con oltre duecento specie segnalate. In inverno vi stanziano diverse specie di anatidi, tra cui il fischione, il germano reale e l’alzavola. Numerosa è la popolazione stanziale di svasso maggiore, una delle più importanti del Sud Italia. Centinaia di cormorani svernano nell’Oasi e alcune coppie vi si riproducono. Frequentemente si può osservare il volo dell’airone bianco maggiore, airone cenerino, airone rosso, garzetta e airone guardabuoi. Spettacolari sono gli arrivi e le partenze dei grandi stormi delle gru europee che attraversano quest’area umida. Tra i rapaci si segnalano nibbi reali, nibbi bruni, poiane, falchi di palude e falchi pescatori. Sono presenti anche rapaci notturni come gufi, civette, assioli e barbagianni. Fra le decine di altre specie citiamo infine la cicogna bianca, la cicogna nera, la folaga, il cavaliere d’Italia, il martin pescatore, la ghiandaia marina, il gruccione, il picchio verde e il pendolino, simbolo dell’Oasi.

Aspetti archeologici
Sin dall’età del Ferro la valle del Bradano svolgeva l’importante ruolo di via di comunicazione tra la costa ionica e l’entroterra, il percorso di tale antica via probabilmente ricalcava un tratturo antecedente, risaliva lungo il corso del fiume e lambiva il territorio di Timmari per poi proseguire in direzione Monte Irsi. Numerosi sono i siti archeologici su entrambe le sponde del fiume. Le ricognizioni e le scoperte archeologiche più vetuste furono effettuate da Domenico Ridola, a cavallo tra Ottocento e Novecento. Le testimonianze rinvenute sono inquadrabili nel Paleolitico, Neolitico, prima Età dei Metalli, Età del Bronzo, Età del Ferro, Età Ellenistica e Alto Medievale. Alcuni di questi rinvenimenti sono esposti nel Museo Nazionale di Matera, in particolare manufatti litici del Paleolitico. Sulla sponda destra del fiume di distinguono i rinvenimenti presso le masserie San Vito, Spicialicchio e Zagarella. Sulla sponda opposta quelli di ponte San Giuliano, Iazzo Porcari e le masserie Ventricelli, San Francesco e Montagnola di Timmari. Allo strumentario litico si aggiungono macine, resti vascolari decorati, manufatti in ossidiana. Non lontano da quest’area sorge il pianoro di Timmari, una importantissima area archeologica con notevoli ritrovamenti specie dell’Età del Bronzo e di Età Ellenistica.

Aspetti paleontologici
Lungo le sponde bel bacino di San Giuliano vi sono numerosi giacimenti fossiliferi e numerosi sono i ritrovamenti che attestano il contesto biologico fra cui elementi della flora marina nonché faunistici fra cui echinidi, granchi, crostacei, e pesci, ma il più celebre rinvenimento è senza dubbio quello di un Cetaceo fossile risalente al Pleistocene (popolarmente chiamato Balena Giuliana) rinvenuto nel dicembre del 2000. Si tratta di un cetaceo misticeto, ossia provvisto di fanoni, morto nel braccio di mare che congiungeva lo Ionio all’Adriatico quando della Puglia emergevano solo le parti più elevate fra cui il massiccio del Gargano.

Cras
L’attività del Centro Recupero Animali Selvatici nasce a seguito della realizzazione di un Progetto LIFE Natura LIFE05 NAT/IT/000009 denominato “Rapaci Lucani” (2006-2009), finalizzato all’attuazione di molteplici iniziative per la tutela, divulgazione e conservazione di alcune tra le più minacciate specie di rapaci in Basilicata. Il Centro è gestito dalla società De Rerum Natura, in collaborazione con alcune associazioni, sulla base di una convenzione con la Provincia di Matera allo scopo di garantire il servizio di recupero, cura, riabilitazione e rilascio di fauna selvatica. Alle attività del Centro collaborano volontari, veterinari, associazioni e organismi di tutela istituzionali. Il Centro svolge la sua attività soprattutto come Centro Recupero e Ambientamento del falco grillaio (falco naumanni) poiché nei vicini comuni di Matera, Montescaglioso, Bernalda e Pisticci vi sono alcune delle più importanti colonie  della specie a livello nazionale.

Contenuti a cura di Antros snc di Francesco Foschino-Barbaro e Raffaele Paolicelli
Foto di Francesco Scalcione; Raffaele Paolicelli; Giuseppe Gambetta; Matteo Visceglia; Gianfranco Lionetti
Zona soggetta a videosorveglianza.



Galleria