Fede e tradizione

Matera conserva ancora intatte le sue antiche tradizioni religiose e popolari, anche se alcune sarebbero da rispolverare perché negli ultimi anni hanno perso un po’ di vigore. Persino la cucina tipica è strettamente legata a particolari ricorrenze religiose. La grande fede dei materani, è attestata storicamente dal numero straordinario di chiese in muratura e di chiese rupestri presenti in città e nell’agro, molte delle quali fondate da nobili cittadini per accrescere la fede e la devozione popolare. Molto sentiti da tutti i cittadini, oltre al Carnevale, ai riti della settimana Santa e al Natale, sono le numerose feste in onore della Madonna a cominciare dalla Festa della Bruna, protettrice della città, che le valsero il titolo di Matera Civitas Mariae.

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Festa della Bruna

Festa di Sant’Eustachio

Mater Sacra

Via Crucis nei Sassi di Matera

Processione del Venerdì Santo

Venerdì di Quaresima a Cristo la Gravinella

Processione di Cristo La Selva

Santa Venerdia

Presepe vivente

Festa della Madonna delle Vergini

Festa della Madonna di Picciano

Festa della Madonna della Palomba

Festa della Madonna della Murgia

Sagra della Fedda Rossa e della Crapiata

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Scheda – La leggenda della Bruna

Scheda – La leggenda di Sant’Eustachio

Scheda – La leggenda della Madonna di Picciano

Scheda – Il carnevale  

Scheda – La festa di San Salvatore

Festa della Bruna

La festa in onore della Madonna della Bruna, protettrice della Città, è tra le feste patronali più suggestive e più antiche d’Italia. I festeggiamenti si svolgono il due luglio, giorno della Visitazione di Maria Santissima a Santa Elisabetta, introdotta nel calendario liturgico il 28 aprile del 1386 dall’Arcivescovo di Praga Giovanni Jenstein. Il Sommo Pontefice Urbano VI, che fu vescovo di Matera dal 1365 al 1377, volle far coincidere la devozione dei materani verso l’affresco della Madonna della Bruna, venerata in Cattedrale sottoforma di icona, con la festa della visitazione ufficializzata nello stesso anno e diffusa grazie al Giubileo del 1390. La festa comincia all’alba con la “Processione dei pastori”. Il corteo attraversa gli antichi rioni Sassi con il quadro della Madonna tra fuochi pirotecnici insieme con i pastori e i loro animali, un tempo molto numerosi, fino alla chiesa di San Francesco da Paola, un antico santuario ora inglobato nel centro storico, dove ha luogo la santa messa. Intanto il trombettiere della cavalcata in costume raduna in piazza Vittorio Veneto i Cavalieri della Bruna per rendere onore al proprio generale. Segue la processione del clero che accompagna la statua della Madonna e del Bambino scortata dai Cavalieri fino alla chiesa dell’Annunziata del rione Piccianello, da dove in serata partirà la “Processione dei contadini”: un carro trionfale di cartapesta scortato dai Cavalieri della Bruna trasporta la statua della Madonna col Bambino. La festa raggiunge il suo culmine quando il carro, deposta la statua della Madonna in Cattedrale, si dirige in piazza Vittorio Veneto per essere distrutto dall’assalto della folla esultante. Ciascuno vuole portare a casa un pezzo di carro benedetto dalla Madonna. Il momento della distruzione del Carro, che per questo motivo viene ricostruito ogni anno, rappresenta certamente l’evento di maggior richiamo di tutta la celebrazione, per il suo significato antropologico di rituale rinnovamento, d’eclatante dissipazione delle risorse, di scatenamento emotivo, di periodico e legalizzato affronto agli emblemi del potere, aspetti così affascinanti e tipici della cultura popolare di ogni tempo e luogo. La festa si conclude con i caratteristici fuochi pirotecnici che illuminano i Sassi e la Murgia.

La leggenda della Bruna

Si racconta che un contadino di ritorno dal lavoro nei campi vide lungo la strada una donna con un bambino in braccio che chiedeva un passaggio. Poiché non era negli usi e nei costumi del tempo che un uomo potesse tornare in città su un carro con una donna sconosciuta, decise d’accompagnarla alle porte della città dopo averla nascosta sul carro sotto una coperta. Arrivato nella contrada di Piccianello, l’uomo si fermò per far scendere la donna e il suo bambino, ma gli apparve la Madonna che manifestò al contadino il desiderio di voler dimorare stabilmente in città e gli chiese di portare questo messaggio al Vescovo. Fu così che il clero si recò sul luogo dell’apparizione dove trovò la statua della Madonna, che trasportò con onore su un carro trionfale addobbato fino in cattedrale. La distruzione del carro ci viene da un’altra leggenda. I cittadini di Matera per evitare che l’immagine sacra della Madonna cadesse nelle mani dei saraceni che assediavano la città, la nascosero sul carro per portarla in Cattedrale. I saraceni intercettarono il carro e lo distrussero ma non trovarono la Madonna perché l’immagine sacra era già al sicuro nella sua Cattedrale.

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Festa di Sant’Eustachio

La festa in onore del patrono Sant’Eustachio, organizzata dall’omonima confraternita, si tiene il venti maggio con l’offerta devozionale al Santo di prodotti tipici, e il venti settembre con maggiore solennità, preceduta dal Novenario che si svolge dall’undici al diciannove settembre. Durante il Novenario i bambini che portano il nome Eustachio vengono consacrati al Santo e si rinnovano per tradizione le promesse di matrimonio per coloro che hanno compiuto il venticinquesimo e il cinquantesimo anniversario. Il giorno venti si tiene la processione religiosa con la statua del Santo venerata per le strade del centro storico tra luminarie e bande musicali. Seguono i fuochi pirotecnici a sfondo musicale nel parco del castello Tramontano. Inizialmente si scelse di commemorare il santo patrono il venti maggio, per ricordare la leggendaria liberazione della città dall’assedio saraceno, poi invece la festa fu spostata al venti settembre, giorno del martirio, per dare la possibilità ai contadini di partecipare numerosi. Per antica consuetudine nell’Abbazia normanna di Sant’Eustachio, di cui oggi rimane solo la cripta ipogea dell’antica chiesa, il Baglivo della città, a nome della popolazione tutta, rendeva omaggio al Santo portando in dono al vespro una torcia vestita di monete d’argento, cesti di frutta, fiori, vino e biscotti per la colazione dei preti, tra balli e canti tradizionali e riceveva in cambio l’offerta di un pane, un barile di vino, parecchie ricotte dure e una torcia di cera.

La leggenda di Sant’Eustachio

Eustachio, insieme a sua moglie Teopista e i suoi figli Agapito e Teopisto è un martire di cui non si conservano notizie attendibili. Secondo la leggenda, che ci viene da Jacopo de Varagine nel corso del XIII secolo, era stato un generale di Roma servitore di Traiano, uomo nobile e ricco, temuto dai barbari che fuggivano davanti a lui solo a sentirne il nome. Si chiamava Placido e le sue vittorie sarebbero state riportate sottoforma di racconto per decorare la colonna Traiana. Si racconta che durante una battuta di caccia vide tra le corna di un cervo una croce e si convertì al Cristianesimo. Recatosi da un vescovo per il battesimo insieme a tutta la sua famiglia fu chiamato Eustachio (che vuol dire fermezza, colui che da buone spighe). Per questo motivo Traiano lo avrebbe scacciato: per i successivi quindici anni si ridusse alla condizione di colono. Fu scovato dai soldati di Traiano e richiamato in patria per riprendere il comando dell’esercito e fronteggiare l’avanzata dei barbari. Dopo la vittoria ricevette in premio una corona d’alloro e riuscì miracolosamente a ricongiungersi alla sua famiglia. Morto Traiano sarebbe stato mandato a morte dal suo successore, l’imperatore Adriano, che lo avrebbe rinchiuso insieme con la sua famiglia in una statua bronzea a forma di toro posta su un fuoco, dopo che i leoni si erano rifiutati di divorarlo. Il Santo sarebbe legato a Matera perché secondo un’altra leggenda sul finire del X secolo avrebbe liberato la città dai Saraceni che l’assediavano e convertito al Cristianesimo il loro comandante. Si racconta che il Santo, comparso all’improvviso sulla Murgia, mentre la città era assediata, avrebbe sconfitto i Saraceni e risparmiato il loro comandante, il quale entrato in città per rendere omaggio a quel generale che gli aveva risparmiato la vita lo riconobbe in una statua per via dell’anello che portava al dito e si sarebbe convertito al Cristianesimo.

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Mater Sacra

È una delle manifestazioni più interessanti che si svolgono in città per la settimana Santa. Luci, suoni, colori e disegni laser illuminano la Murgia e la Gravina in una visione scenica di grande fascino resa ancor più suggestiva da un voce narrante. Un evento religioso che offre la rappresentazione scenica e narrativa della morte, della deposizione e della resurrezione di Cristo. Lo spettacolo va in scena le sere della Settimana Santa. Per una buona visione dell’evento è necessario raggiungere piazza san Pietro Caveoso e rivolgere lo sguardo verso il prospiciente altopiano murgico.

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Via Crucis nei Sassi di Matera

In occasione del Venerdì Santo, gruppi di fedeli si radunano in Piazza san Pietro Caveoso per prendere parte alla suggestiva via Crucis nei Sassi di Matera. Le quindici stazioni rappresentanti la via Crucis sono formelle di bronzo, opera dello scultore e religioso italiano Ferdinando Amodei, più noto come padre Tito, installate nel 2004 per volere dei soci dell’associazione Lions Club Host di Matera. L’itinerario religioso, partendo dal sagrato della chiesa di san Pietro Caveoso, si snoda nei rioni Malve e Casalnuovo sino a raggiungere il Monterrone, lo sperone di roccia in cui sono ricavate le chiese rupestri di Madonna de Idris e San Giovanni in Monterrone. A ogni stazione della via Crucis si apre un panorama diverso che rende l’evento ancora più suggestivo.

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Processione del Venerdì Santo

La Confraternita dei Servi di Gesù Flagellato è incaricata d’organizzare in serata la processione del Venerdì Santo, che si snoda per le vie del centro storico. La statua del Cristo è accompagnata dai confratelli, che indossano un sacco bianco con cappuccio e mozzetta di colore rosso con l’immagine ricamata dell’Ecce Homo, al suono della “tracca troc”, un tradizionale strumento musicale di legno con anelli di ferro. Le consorelle, in abito nero con una cintura e una sciarpa bianca, reggono sulle spalle la statua dell’Addolorata. Alla processione partecipa il Vescovo, con il clero e i religiosi, oltre ai fedeli che si dispongono lungo il tragitto mentre il coro popolare esegue le cantilene tradizionali del Venerdì Santo.

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Venerdì di Quaresima a Cristo la Gravinella

Tutti i venerdì di Quaresima, si rinnova la tradizionale visita alla chiesa rupestre di Cristo la Gravinella, nel quartiere San Pardo. La Confraternita dei Servi di Gesù Flagellato organizza nella chiesa, affrescata con dipinti del 1536, la Via Crucis, la recita del rosario e a seguire la celebrazione della messa. In passato molti materani si recavano a piedi in pellegrinaggio per visitare la chiesa nei venerdì di quaresima e nel giorno della Santa Croce, il quattordici settembre, per trascorrere una giornata di svago all’aria aperta.

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Processione di Cristo La Selva

Il Venerdì Santo gruppi di pellegrini si radunano alle prime luci dell’alba dinanzi la chiesa di Sant’Agnese, nel rione Agna, per raggiungere dopo alcuni chilometri di cammino lungo il ciglio della gravina, Cristo la Selva. La chiesa rupestre che custodisce l’affresco miracoloso del Crocifisso è aperta al culto solo in questa occasione. I fedeli ascoltano la santa messa e poi ritornano in città con gli autobus messi a disposizione dall’Amministrazione comunale.

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Santa Venerdia

Nella liturgia cristiana il giorno della crocifissione di Gesù è detto anche giorno di parasceve. In tale giorno la liturgia si caratterizza per l’adorazione della Santa Croce attraverso le litanie e per il rito della consumazione del pane eucaristico consacrato il giorno precedente. Sin dal Medioevo la santità della giornata si traduceva nel culto di Santa Parasceve o Venerdia. La Santa era venerata in una chiesa distrutta negli anni Cinquanta durante i lavori per la costruzione del rione Serra Venerdì, che porta il suo nome.

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Presepe vivente

Il presepe vivente è un evento spettacolare che si rinnova nei rioni Sassi di Matera, eletta dal cinema a ideale location per rievocare i luoghi santi della vita di Gesù. Circa duecento figuranti in costume ravvivano vicinati e vicoli dei Sassi, lungo un percorso di circa cinque chilometri. Oltre agli attori del Gruppo Storico Romano, che mettono in scena il castro romano, l’accampamento, la scuola di gladiatori, il senato, la domus e le danzatrici, si incontrano lungo il percorso figuranti che interpretano antichi mestieri, popolani, pastori e venditori di varie merci. Una voce narrante e momenti di forte suggestione accompagnano i visitatori fino alla grotta di Betlemme allestita nel rione Casalnuovo del Sasso Caveoso.

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Festa della Madonna delle Vergini

I festeggiamenti in onore dalla Madonna delle Vergini eletta “Patrona del territorio murgiano”, si svolgono il trentuno maggio. Ancora oggi la chiesa si raggiunge in pellegrinaggio come si faceva anticamente. I pellegrini si radunano a Porta Pistola ai piedi della Civita e percorrono a piedi un sentiero che dai Sassi attraversa il torrente Gravina fino a raggiungere la chiesa. Durante il percorso si possono fare varie soste per visitare le chiese rupestri della Madonna di Monte Verde, della Madonna degli Angeli, della Madonna dei Derelitti e l’antica chiesa di Sant’Elia. Dopo il rito religioso i festeggiamenti proseguono con la processione attorno alla chiesa e i con i fuochi pirotecnici. Fino agli anni cinquanta c’era la tradizione tra gli artigiani di visitare la chiesa tutti i lunedì del mese di maggio, nei giorni di chiusura delle botteghe, e l’ultima domenica di maggio giorno in cui si svolgeva la processione. Alcuni di loro a scioglimento dei voti fatti alla madonna per grazie ricevute si recavano scalzi, digiuni, strisciando in ginocchio e con la lingua per terra lungo la fila di mattonelle maiolicate che dall’ingresso della chiesa arrivano all’altare. Poi si fermavano nelle grotte accanto alla chiesa per consumare la colazione tra canti e balli tradizionali.

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Festa della Madonna di Picciano

Anticamente il pellegrinaggio alla Madonna di Picciano si svolgeva il venticinque marzo. Altre feste annuali ricorrevano la Pentecoste, la seconda domenica di maggio, l’otto settembre, per la natività di Maria, e la prima domenica d’ottobre, per commemorare l’incoronazione dell’icona mariana. Oggi la festa principale annuale si svolge la prima domenica di maggio. Durante la processione del mattino, la statua della Madonna viene portata in un locale adiacente alla chiesa. Dopo la funzione religiosa si svolge un’altra processione, durante la quale i fedeli a spalla trasportano la Madonna nelle vicinanze della chiesa, nel luogo chiamato Monte Calvario, recitando preghiere e canti religiosi tradizionali. In serata dopo la messa celebrata all’aperto sul sagrato della chiesa, la Madonna viene ricollocata nel santuario. Oltre alla statua realizzata a mezzo busto su una base di nuvole per gli scopi processionali, si venera l’affresco medievale sotto forma di icona della Madonna Orante, con le braccia alzate in segno di invocazione. I cabrei di Picciano ci raccontano dei miracoli ricevuti dai fedeli e delle numerose guarigioni fisiche soprattutto da parte dei malati di ernia. Attualmente s’invoca la protezione della Madonna di Picciano contro gli incidenti della strada e per questo motivo c’è l’usanza di recarsi al Santuario con la macchina nuova per farla benedire. Il Santuario è aperto tutto l’anno grazie alla cura della congregazione benedettina di Monte Oliveto cui la Diocesi di Matera ha affidato negli anni Sessanta la chiesa e i locali adiacenti per costituire la comunità monastica maschile, alla quale negli anni Ottanta si è aggiunta la comunità benedettina femminile.

La leggenda della Madonna di Picciano

Secondo la leggenda la Madonna apparve a un pastore in cerca di bovini smarriti nel bosco di Picciano, chiedendo che fosse cercata l’antica statua che i fedeli avevano nascosto al tempo della lotta iconoclasta per costruire la chiesa nel luogo del ritrovamento. Il pastore cominciò a cercare e a elemosinare per adempiere alla richiesta della Vergine e poiché nessuno gli dava credito, gli apparve di nuovo la Madonna che consegnò un’immagine da portare al Vescovo. Veduta quell’immagine il Vescovo riconobbe l’Annunziata e credette alle parole pastore, corse sul Monte di Picciano, scavò e rinvenne  la statua che viene portata in processione e costruì la chiesa sul luogo del ritrovamento. Un altro racconto narra di un boscaiolo che recatosi nel bosco di Picciano per tagliare una quercia, vide sgorgare del sangue dal tronco dell’albero ai primi colpi di accetta e gli apparve la  Madonna che volle fosse costruita la chiesa proprio in quel luogo. Si racconta inoltre, in un’altra leggenda, di un pastore abruzzese che mentre cercava i buoi che aveva smarrito nel bosco vide una luce in cima alla montagna e recatosi sul posto trovò gli animali inginocchiati dinanzi a un albero al cospetto della Madonna apparsa sui rami. La Madonna lo invitò a raccogliere fondi tra i fedeli per costruire la chiesa. Poiché nessuno gli credeva, la Madonna gli stampò sulla mano una sua immagine. Il pastore con le offerte raccolte costruì la chiesa e la Madonna in cambio liberò Matera e l’Abruzzo dalla carestia. Secondo alcuni studiosi il culto della Madonna di Picciano, grazie ai pastori transumanti, si sarebbe diffuso in provincia di Pescara, dove esisteva un’antica abbazia intitolata a Santa Maria del Soccorso, nei pressi d’un paese chiamato Picciano.

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Festa della Madonna della Palomba

La chiesa della Madonna della Palomba è raduno di pellegrini l’otto settembre, nel giorno di ricorrenza della natività della Beata Maria Vergine. In quel giorno per costume “le monacelle dell’Annunziata” uscivano per le vie dei Sassi e pregando ripetevano: “Andate alla Palomba che è nata la bambinella Maria”. Oggetto di culto è l’affresco medievale della Madonna, venerata sotto forma di icona secondo lo schema dell’Odigitria, a cui la tradizione popolare attribuisce molte guarigioni fisiche, venerata soprattutto da parte di persone affette da ernia. Per i festeggiamenti in onore della Madonna, si celebra una messa solenne e i pellegrini hanno la possibilità di visitare gli ambienti rupestri adiacenti la chiesa e ammirare le immagini sacre dipinte sulle pareti rocciose. La chiesa è aperta al culto tutte le domeniche dell’anno oltre che per le celebrazioni di matrimoni, battesimi, cresime e anniversari di matrimonio.

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Festa della Madonna della Murgia

La festa della Madonna della Murgia è molto sentita tra gli abitanti di Montescaglioso, sebbene la chiesa rupestre ricada nel territorio comunale di Matera. Anticamente la chiesa era conosciuta con il titolo di Madonna della Palomba, essendo inserita nell’omonimo antico casale rupestre di Matera appartenuto ai conti Gattini. Oggi è nota anche con il titolo di Madonna dell’Aloja e Madonna della Loe. I festeggiamenti si celebrano la prima domenica di Maggio. Gruppi di pellegrini guidati dalla comunità ecclesiale di Montescaglioso e dal Comitato Madonna della Murgia di Montescaglioso, si radunano di buon mattino in piazza Roma per raggiungere a piedi l’ex scalo ferroviario. Qui si uniscono alla processione altri pellegrini e si prosegue in direzione della chiesa rupestre dove sarà celebrata la santa messa. Al termine della funzione religiosa le effigie della Madonna vengono portate in processione sul pianoro sovrastante la chiesa. I pellegrini sono soliti consumare una piccola colazione e visitare le numerose altre chiese rupestri del casale.

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Sagra della Fedda Rossa e della Crapiata

L’appuntamento con la Sagra della Fedda Rossa al Borgo La Martella si rinnova ogni anno il trentuno luglio. Il banditore per le vie del borgo invita in serata gli abitanti a radunarsi per la tradizionale sagra, in piazza Montegrappa, dove tra spettacoli musicali e il frastuono delle bancarelle, si potrà degustare la famosa Fedda Rossa, tipica bruschetta preparata con il buon pane raffermo di Matera cotto alla brace e condito con olio, sale e origano da gustare col vino primitivo.

Il giorno seguente, sempre al Borgo La Martella e allo stesso modo, si rinnova il tradizionale appuntamento della Sagra della Crapiata, una zuppa di legumi che anticamente si preparava nei vicinati dei Sassi per ringraziare il raccolto e festeggiare la fine del lavoro nei campi. Infatti il quindici agosto durante la fiera campionaria dell’Assunta, si rinnovavano i contratti di locazione per i terreni da destinare al pascolo e all’agricoltura, per l’affitto delle case, e i massari reclutavano i braccianti agricoli per organizzare il lavoro nei campi per l’anno seguente. Ogni contadino il primo agosto celebrava il raccolto offrendo i propri legumi al vicinato. Si cuocevano tutti insieme in un grande pentolone solo con acqua e sale, sebbene i legumi avessero diversi tempi di cottura. Era un modo per promuovere la vendita dei prodotti attraverso la degustazione e festeggiare  con un buon bicchiere di primitivo.

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Il Carnevale

Il 17 gennaio, festa di Sant’Antonio Abate, gruppi di maschere improvvisate si radunavano nel Sasso Barisano, nei pressi della chiesetta di Sant’Antonio Abate per dare inizio ai festeggiamenti di Carnevale. Gli uomini si vestivano da donne e viceversa, oppure da re e da regine con una corona di carta in testa. Nel periodo di Carnevale i contadini macellavano il maiale e dopo aver selezionato le diverse parti della carne per ottenere salsicce, prosciutti e soppressate, sapevano di poter ricevere nei giorni seguenti una visita a sorpresa, nel cuore della notte, da parenti e amici, come uno scherzo di carnevale. Queste allegre serate improvvisate si chiamavano “matinate”: si portavano una cupa-cupa, una chitarra e una fisarmonica e si tessevano le lodi cantate dei padroni di casa per mangiare e bere fino al mattino. La festa si concludeva con l’auspicio da parte del padrone di casa di poter festeggiare nei giorni seguenti a casa di coloro che aveva ospitato. Le domeniche successive al Carnevale si improvvisavano balli in famiglia durante i quali si rompeva la pignata, un recipiente di terracotta pieno di salumi e formaggi, si uccideva la capra e si festeggiava con calzoni di ricotta e chiacchiere di carnevale, dolci tipici di questa festa. È un peccato che questo evento sia caduto nel dimenticatoio. Oggi a continuare la tradizione del carnevale rimangono le feste in maschera e il “Carnevale a cavallo” promosso da varie associazioni locali. Cavalieri mascherati, majorettes, trampolieri, mangiatori di fuoco, musicisti e gruppi mascherati, sfilano per le vie della città divertendo grandi e bambini.

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La festa di San Salvatore

I riti legati alla fertilità della terra in onore del santo patrono, tra storia e leggenda, sono un’antichissima tradizione che si è mantenuta più o meno intatta in molte località del Sud Italia. In Basilicata ricordiamo la sagra del Maggio di Accettura, Oliveto Lucano, Castelmezzano e Pietrapertosa, dell’Abete di Rotonda, della Pitu di Viggianello, dell’Antenna di Castelsaraceno, della Pita di Terranova del Pollino, antiche tradizioni che si caratterizzano con balli, danze e canti popolari attorno all’albero, per celebrare simbolicamente la fertilità della natura, l’abbondanza dei raccolti, la vittoria del bene sulle forze del male. Feste dal sapore sacro e profano, con connotati magici e religiosi, che terminano solitamente con la scalata dell’albero. Nell’ambito di questi antichi riti, legati al rapporto tra uomo e terra, bisogna annoverare il tradizionale ballo dello stendardo in onore del Dio Salvatore, che si tiene la seconda domenica di settembre nel borgo di Timmari. Questo rito antichissimo, che ha rischiato di scomparire per sempre, oggi rivive grazie all’impegno degli anziani del borgo, “i Tammarali”, che dopo aver conservato gelosamente lo stendardo, organizzano la festa a proprie spese per non perdere la tradizione e tramandare ai giovani una danza difficile e impegnativa. Il ballo consiste nel tenere in piedi in equilibrio tra i denti, al ritmo dei tamburi, uno stendardo di alcuni metri, con in cima un’antica bandiera della Confraternita dei Coloni di Timmari, recante l’immagine del Dio Salvatore. La festa comincia il sabato con la funzione religiosa nel santuario di San Salvatore e prosegue la domenica successiva con la processione, il ballo dello stendardo e l’albero della cuccagna, allestito per l’occasione con salumi e formaggi, preso d’assalto da gruppi di giovani. Anticamente il ballo si faceva con l’agave americana, una pianta originaria dell’America Centrale che in dialetto si chiamava, con evidente allusione fallica, “stannord” (stendardo). La pianta, quando raggiunge la piena maturità sacrifica se stessa nell’atto riproduttivo, fiorisce con uno stelo meraviglioso che può raggiungere l’altezza di dieci metri, e poi muore. Il ballo dello stendardo vorrebbe favorire la rinascita vegetativa, augurare simbolicamente il risveglio delle energie della natura, affinchè passatol’inverno possa risvegliarsi rigogliosa e feconda, carica dei suoi frutti.

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